L'acqua: un diritto di tutti?



di Emma Nuri Pavoni

Ogni mattina la sveglia, la doccia e l'acqua per il caffè… ci siamo mai chiesti quante volte in una giornata abbiamo accesso all'acqua senza riflettere su quale risorsa preziosa sia? Quasi nessuno di noi lo fa, dando per scontata la possibilità del suo utilizzo, mentre in numerose zone del "pianeta azzurro" non è così a causa della scarsità e della contaminazione delle sorgenti idriche. Nel mondo 1 miliardo e 400 milioni di persone non hanno accesso all'acqua potabile, mentre 2 miliardi e 400 milioni non dispongono di impianti fognari adeguati. Nei paesi in via di sviluppo 2 milioni e 200 mila persone, in maggioranza bambini, muoiono ogni anno per malattie causate dalla impossibilità di accesso all'acqua potabile, dalla mancanza di impianti fognari e da un'igiene scadente, inoltre un'alta percentuale soffre di malattie causate direttamente o indirettamente dal consumo d'acqua e cibi contaminati o da organismi infetti che si riproducono nell'acqua. Tutto ciò potrebbe ridursi fino al 75 per cento se in questi paesi si potesse contare sulla disponibilità di acqua potabile e adeguate fognature. La mancanza di investimenti nei sistemi idrici e l'inadeguata attività di manutenzione degli stessi sono le principali cause della carenza di acqua potabile nel mondo. Nei paesi sottosviluppati infatti le persone che dispongono di allacciamenti al sistema di distribuzione idrica - le persone più abbienti - beneficiano di consistenti sovvenzioni per i loro consumi di acqua potabile, mentre le persone povere che non sono collegate a questi sistemi non potendo rivolgersi a costosi rivenditori privati, devono affidarsi a fonti poco sicure, con prevedibili conseguenze. I problemi legati alla questione dell'acqua comportano inoltre discriminazioni di genere. Spesso infatti nei paesi poveri il compito di trasportare l'acqua spetta alle donne che sono obbligate a percorre molti chilometri al giorno per trasportare contenitori d'acqua, pesanti fino a 20 chilogrammi. Donne e bambine soffrono inoltre maggiormente in conseguenza della mancanza di strutture igienico sanitarie. La maggior parte delle risorse di acqua dolce - globalmente circa il 70% - viene utilizzata per l'agricoltura, tuttavia molti sistemi di irrigazione sono inefficienti e perdono pressappoco il 60% dell'acqua a causa dell'evaporazione o di flussi di ritorno verso i fiumi e le falde freatiche. Questo non comporta solamente uno spreco idrico, ma è anche causa di rischi ambientali e sanitari, fra cui la trasformazione di terreni agricoli produttivi in acquitrini. In alcune zone dell'Asia meridionale costituisce inoltre un grave problema perché l'acqua stagnante facilita la trasmissione della malaria. Gli analisti concordano nel prevedere che se fino ad oggi si sono combattute molte guerre per il petrolio, nel futuro sarà l'acqua la causa principale dei conflitti. Già ora, in Medio Oriente un argomento scottante sul tavolo delle trattative è lo sfruttamento delle falde acquifere della Cisgiordania, contese tra Israele e l'Autorità palestinese. Egitto e Sudan sono in tensione da anni per il Nilo; l'India e il Pakistan aggiungono alle loro contese territoriali anche quella per il fiume Indo; la Turchia e l'Iraq hanno sfiorato il ricorso alle armi per risolvere la contesa secolare sul Tigri e l'Eufrate. Ci sono persino problemi tra Slovacchia e Ungheria per il Danubio e tra Messico e USA per il Colorado. Per evitare che le tensioni sfocino in conflitti aperti si è mobilitato anche ex presidente dell'Unione Sovietica Michail Gorbaciov, che ha avviato il progetto "Water for Peace" - patrocinato dall'Unesco - per risolvere pacificamente le contese relative ai 261 fiumi o laghi estesi per più di uno stato. Il problema si presenta quasi sempre negli stessi termini: il paese più vicino alle sorgenti usa il fiume a piacimento, per irrigazione, industria e per produrre energia elettrica o nucleare, mentre lo stato a valle deve accontentarsi degli avanzi, cioè acque meno abbondanti, spesso inquinate o riscaldate. Talvolta deviate dalle dighe, che sono al centro di durissime critiche perché negli ultimi anni ne sono state costruite troppe. La dottoressa Isemburg, docente di geografia all'Università di Firenze e studiosa dell'argomento afferma che: "quelle più alte di 15 metri sono almeno 45 mila. Questo significa che la maggior parte dei fiumi del mondo non ha più un corso naturale, ma artificiale, di cui è molto difficile prevedere le portate, i movimenti delle correnti e le erosioni". Le dighe hanno quindi effetti dirompenti sul sistema idrico e sull'irrigazione, modificano il clima, sommergono campi, producono disboscamenti e frane. In Cina per esempio, nella valle delle Tre Gole, la costruzione di un argine lungo due chilometri sta costringendo più di un milione di persone a lasciare le proprie case. Anche in India ci sono state molte contestazioni per la costruzione di dighe sul fiume Narmada. L'India del resto è un simbolo dei paradossi idrici contemporanei: con una quantità enorme di fonti (soprattutto nella regione himalayana) 250 milioni di persone non hanno accesso all'acqua potabile. Per una visione complessiva, che aiuti a comprendere le dimensioni del problema dell'acqua, è interessante considerare attentamente i dati statistici diffusi dal Dipartimento per la Pubblica Informazione delle Nazioni Unite nel maggio 2002: - Nonostante il 70 per cento della superficie terrestre sia coperta dalle acque, l'acqua dolce costituisce solamente il 2,5 per cento del totale, mentre il rimanente 97,5 per cento è composto da acqua salata. Più o meno il 70 per cento delle riserve di acqua dolce si trova nelle calotte glaciali, e gran parte del resto è presente sotto forma di umidità del terreno, oppure si trova in profonde falde acquifere sotterranee sotto forma di acque freatiche inaccessibili. Può essere utilizzato dall'uomo meno dell'un per cento delle risorse mondiali di acqua dolce. - Le aree di scarsità e di difficoltà idriche sono in crescita, particolarmente nel Nord Africa e nell'Asia occidentale. Nel corso dei prossimi due decenni, infatti, si prevede che il mondo avrà bisogno del 17 per cento di acqua in più per la coltivazione dei prodotti agricoli necessari a sfamare le popolazioni in crescita dei paesi in via di sviluppo, e che di conseguenza l'impiego complessivo delle risorse idriche registrerà un incremento pari al 40 per cento. Nel corso di questo secolo un terzo delle nazioni - che si trovano in regioni sottoposte a difficoltà idriche -potrebbe dover affrontare delle gravi carenze nella disponibilità di acqua e, entro il 2025, due terzi della popolazione mondiale vivrà probabilmente in nazioni che affronteranno moderate o gravi insufficienze idriche. - Le risorse di acqua dolce sono distribuite in maniera estremamente disuguale. Le zone aride e semi aride del pianeta, che costituiscono il 40 per cento della massa terrestre, infatti, ricevono solamente il due per cento delle precipitazioni globali. - L'irrigazione agricola pesa per circa il 70 per cento sui consumi di acqua, e fino al 90 per cento nelle zone aride dei tropici. A partire dal 1960, i consumi idrici per l'irrigazione sono aumentati di oltre il 60 per cento. - Al tasso di investimento corrente, l'accesso universale all'acqua potabile non potrà ragionevolmente essere raggiunto prima del 2050 in Africa, del 2025 in Asia e del 2040 in America Latina e nei Caraibi. Complessivamente, per queste tre regioni, che ospitano l'82,5 per cento della popolazione mondiale, l'accesso nel corso degli anni '90 è passato dal 72 al 78 per cento della popolazione totale, laddove gli impianti fognari sono cresciuti dal 42 al 52 per cento. - Nei paesi in via di sviluppo, fra il 90 e il 95 per cento delle acque di scolo e il 70 per cento delle scorie industriali vengono scaricate nelle acque, dove inquinano le risorse idriche disponibili, senza ricevere alcun trattamento. - Alla fine dell'anno 2000 il 94 per cento circa degli abitanti delle città aveva accesso all'acqua potabile, mentre questo tasso era solamente del 71 per cento per quel che riguardava gli abitanti delle campagne. Per gli impianti fognari, invece, la differenza era persino maggiore, dal momento che risultava coperto l'85 per cento della popolazione urbana, mentre nelle aree rurali solamente il 36 per cento della popolazione disponeva di impianti fognari adeguati. - Nel corso degli anni '90, all'interno dei paesi in via di sviluppo, circa 835 milioni di persone hanno ottenuto l'accesso a un'acqua potabile di migliore qualità, mentre circa 784 milioni sono stati collegati ad impianti fognari. Con l'aumentare delle migrazioni verso le aree urbane, però, il numero degli abitanti delle città che non dispongono di un accesso a fonti di acqua potabile è comunque aumentato di circa 61 milioni. Molte proposte, per tentare di risolvere queste situazioni, sono arrivate sul tavolo del vertice di Johannesburg. Inoltre, sono in fase di svolgimento i preparativi per l'Anno Internazionale dell'Acqua Dolce, nel 2003, che allargherà la pubblica consapevolezza sulla necessità di agire, e durante il quale verrà lanciata una nuova campagna internazionale chiamata WASH (Water, Sanitation and Hygiene for all) - Acqua, Fognature e Igiene per tutti - che dovrà mobilitare in tutto il mondo il supporto e l'iniziativa politica in favore di questi obiettivi.

Una finestra su Johannesburg

"Dal continente africano, culla dell'umanità, solennemente promettiamo ai popoli del mondo e alle generazioni che erediteranno questa terra che abbiamo la determinazione di assicurare che la nostra speranza collettiva di uno sviluppo sostenibile sarà realizzata" , con questa solenne promessa i 190 paesi presenti al Vertice Mondiale per lo Sviluppo Sostenibile di Johannesburg hanno siglato il Documento Politico al termine dei lavori. Il vertice sudafricano si è concluso con la moderata soddisfazione delle delegazioni europee per gli impegni raggiunti, le lamentele e le frustrazioni dei numerosi paesi sottosviluppati e la forte critica delle ONG, che considerano fallimentare il bilancio della conferenza per non aver avviato misure necessarie a promuovere lo sviluppo sostenibile. Gli accordi si compongono di una Dichiarazione Politica e un Piano di Azione, in cui emerge l'impegno - su proposta dell'Unione Europea - di dimezzare entro il 2015 il numero di persone che nel mondo non ha accesso all'acqua potabile, il risanamento delle acque residuali e la difesa della biodiversità e delle risorse della pesca. Buoni propositi, ma come ha giustamente dichiarato il presidente sudafricano e presidente del vertice, Thabo Mbeki: "la questione critica è ciò che succederà dopo la Conferenza, il fatto che queste decisioni arrivino ad essere messe in pratica o no, è ciò che determinerà se Johannesburg avrà avuto successo o no".

Le Cifre

1.400.000.000: sono le persone nel mondo che non hanno acqua potabile a sufficienza. 1700: sono i metri cubi d'acqua pro capite annui necessari, considerandone tutti i diversi usi (industriale, agricolo e domestico). 50: i litri d'acqua necessari a ciascun essere umano ogni giorno solo per uso domestico (bere, lavarsi, pulire la casa ecc…). 6.000: i bambini che muoiono ogni giorno nel mondo per carenza o cattiva qualità dell'acqua. 0,93: prezzo in euro di un litro di acqua minerale in Kenya. 0,85: costo in euro di un litro di benzina in Kenya. 35: i grammi di sale in ogni litro d'acqua marina: la rendono inutilizzabile per gli impieghi umani. 110.000: i chilometri cubi di acqua che piovono ogni anno sulla terra. Ma 70 mila evaporano prima di raggiungere il suolo. E il 90% delle precipitazioni rimanenti va perduto. 213: i litri d'acqua potabile consumati ogni giorno per uso domestico in media da ciascun italiano. Di questi solo tre sono per bere.

Ecco quanta acqua utilizziamo

Ogni volta che: ci laviamo le mani 1 litro ci laviamo i denti 2 litri tiriamo l'acqua in bagno dai 6 ai 9 litri facciamo la doccia 20 litri usiamo la lavastoviglie 20 litri usiamo la lavatrice 55 litri facciamo il bagno 150 litri



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