Famiglie povere, una buona notizia?



Passano i giorni del Natale e i personaggi dei Vangeli dell'infanzia, più vivi che mai nella comunione dei santi, ci guidano all'incontro con le famiglie di oggi, alle prese con le sfide del nuovo millennio… in realtà quelle di sempre! La prima famiglia che incontro è la più celebre, troppo per i suoi gusti, anche perché la poesia del Natale le ha procurato oltre il danno la beffa: è la famiglia di Giuseppe e Maria di Nazareth. Duemila anni di tradizione e romanticismo ci hanno fatto perdere di vista l'essenziale, il dramma di una famiglia tra le altre. Ma quella sera, in cui si trovava con la moglie sul punto di partorire e forestiero in patria, Giuseppe non riusciva ad assaporare la letizia del Natale. I Vangeli non possono raccontarcelo, ma certo nel cuore avrà stramaledetto l'imperatore e il suo decreto: i potenti di ogni tempo prendono decisioni e governano, con la benedizione della religione di turno, mentre i poveri pagano il conto! E Dio? Che dire di Dio? La sua profonda pietà gli impediva di alzare improperi all'Onnipotente, ma in fondo, visto che in quel pasticcio ce lo aveva messo proprio Lui e senza chiedergli il permesso, avrebbe potuto almeno dargli una mano. Invece niente, il Figlio di Dio stava per venire al mondo, ma… niente: non un angelo, non un segno. Nessuno potrebbe distinguere questa famiglia dalle altre migliaia che si spostano ogni giorno nei sotterranei della storia. A quel tempo non esisteva neppure la Caritas… in compenso non mancavano quelli che ripetono sempre "qui non c'è posto, per questa gente!". Così lui, onesto lavoratore, che tanto aveva sognato la nascita di un figlio, deve subire l'umiliazione di portare la sua sposa in una stalla e far nascere il suo primogenito tra le bestie: non ha niente di meglio da offrirgli. E i primi che vengono a congratularsi non sono certo dei galantuomini: i pastori erano tra le persone più disprezzate del tempo; ritenuti impuri perché vivevano - e non solo - con le pecore, erano una categoria scomunicata dalla società religiosa e non potevano entrare nel Tempio di Gerusalemme a pregare. Una "buona" compagnia per Gesù: ma vai a saperlo quella notte che stavano lì a rappresentare tutti i peccatori, i pubblicani, le prostitute, i lebbrosi e tutti i reietti della storia con i quali il Signore si sarebbe identificato! Intanto però Giuseppe comprende la spontaneità, la gratuità, l'amore di questa gente e impara una lezione che, crescendo, insegnerà al suo bambino. E i guai sono appena iniziati! Erode, il potere, cerca il bambino per ucciderlo, e Rachele, l'antica madre del popolo ebraico piange una seconda volta - dopo quella al tempo dei faraoni - la strage dei suoi figli. Ma sarà l'ultima per lei: questa notte Maria prenderà per sempre il suo posto. Mentre fugge con dolore e un po' di immeritato rimorso per la morte degli altri bambini, Maria non sa che Lei, ormai Madre di tutti, dovrà piangere per i secoli futuri la strage di milioni di bimbi innocenti, uccisi dai tiranni di sempre. Perché non solamente Gesù è risorto, anche Erode risorge continuamente nella crudeltà dei poteri di oggi: nella logica spietata delle multinazionali del latte in polvere che sacrificano alla logica del marketing milioni di neonati (dati UNICEF e OMS), nella scelleratezza degli embarghi ONU o USA che colpiscono la povera gente, facendo mancare medicine e cibo, non certo ai potenti, tant'è che gli embarghi durano decenni; nell'ipocrisia delle "guerre umanitarie" che sterminano la popolazione civile e deformano i figli non ancora nati. Milioni di madri piangono e imprecano ancora oggi e il cuore di Rachele non poteva bastare: Dio l'ha sostituito con quello di Maria. Ed è l'esilio. Giuseppe potrebbe presentarsi come rifugiato politico, ma deve imparare una triste verità: non conta quello che sei, ma quello che gli altri decidono che sei! Cosa c'è di più nobile e santo di un uomo che vuole provvedere al bene della propria famiglia con il sudore del suo lavoro? Per secoli questo ha costituito il nocciolo della predicazione cattolica: il modello di famiglia che abbiamo proposto. Ma ora (o già allora?) non è più così! Se al sistema non servi, sei un esubero, un irregolare - nella fuga precipitosa di quella notte Giuseppe non aveva avuto il tempo di chiedere, al potere che lo braccava, un regolare permesso - e allora sei un clandestino, cioè un criminale. Non conta se sei un bravo artigiano, se non vuoi rubare niente a nessuno, se vuoi solo provvedere alla tua famiglia… sei pure di un'altra religione, e la religione ufficiale, lo sai, preferisce adorare il sistema piuttosto che il tuo bambino… E Giuseppe, in silenzio, capisce. Signori benpensanti, voi che vi siete fatti una posizione "da soli", voi che proclamate sacro il lavoro e su di esso fondate le democrazie moderne, voi che il 1 maggio proclamate San Giuseppe patrono dei lavoratori, non cercate il consenso di Giuseppe, che fu di Nazareth, perché non lo avrete. Lui, che "è giusto" secondo il Vangelo perché ha disobbedito alla legge di Mosé, legge del Tempio, rifiutandosi di denunciare Maria, l'"adultera", ha ormai imparato a giudicare col cuore e col metro di Dio, per cui il primo dovere di ogni sposo e di ogni padre è provvedere alla sposa e ai figli andando a cercare il lavoro dove si trova, sulla terra di tutti, creata dall'unico Dio, senza frontiere, per una sola umanità. E se per i padri di oggi le cose vanno anche peggio, perché devono avventurarsi da soli, lasciando indifese le proprie famiglie in terre insicure, allora Giuseppe è con loro, e giudica chi si fregia e abusa del nome di suo figlio, nel nome di Dio!
Per Maria è diverso, Maria è una donna e una donna, si sa, andrebbe in capo al mondo con l'uomo che ama, sentendosi a casa. E se dovesse farlo per dare un futuro ai figli, ancora di più. Quello invece che Maria non può accettare, e non da pace alla sua pena, è vedere l'esilio solitario delle donne di oggi. Quante giovani donne ho incontrato nelle nostre case, filippine, peruviane, ecuadoriane… venute come serve e costrette a lasciare a casa bambini di due - tre anni, affidati alle cure dei parenti, per potere lavorare 10 - 15 anni e garantire loro un futuro dignitoso! Ma in questo modo sono costrette a sacrificare l'aspetto più bello della loro maternità: non possono godere i loro figli finché sono piccoli e nessuno restituirà loro questi anni, con buona pace della retorica ecclesiastica e delle Dichiarazioni Internazionali sulla maternità. Questo Maria di Nazareth lo ricorda oggi con la stessa tenacia del giorno di Cana a suo figlio, ma anche per Lui cambiare il cuore dei potenti perché creino condizioni vere di tutela della maternità è molto più complicato che trasformare l'acqua in vino. In questo popolo di immigrate, un posto particolare lo rivestono le donne che vengono dall'est: ucraine, moldave, lituane… non sono giovani: donne dai 40 ai 60 anni che vanno all'avventura in cerca di lavoro. A migliaia se ne incontrano nei giardini della stazione Centrale di Milano; non hanno l'aria delle sbandate, piuttosto, per portamento, assomigliano alle donne anni '50 e sono disposte a raccontarsi. Alcune, incontrate per caso, mi hanno spiegato come per loro l'inferno è iniziato con il crollo del muro di Berlino: prima lo Stato garantiva un certo benessere, i figli frequentavano l'università, ma poi è stata la fame. Bestemmia per le nostre orecchie liberali occidentali! Ma il crollo dell'URSS non aveva segnato la fine del "regno del male" di reaganiana memoria? E il bene dei popoli non è garantito dal sistema di libero mercato che sta finalmente trionfando nel mondo? Sta di fatto che a loro non interessa parlare di politica e a me fa uno strano effetto vedere queste donne, così simili alle nostre mamme, aggirarsi in questa condizione, nella quale si sono trovate di colpo: e se fosse capitato a mia madre? Forse proprio per questo mi infastidisce più del solito ascoltare le comuni lamentele sulla loro presenza e un pensiero mi tortura la mente: duemila anni di Cristianesimo li abbiamo proprio gettati nel cesso? Famiglie divise, famiglie povere, famiglie sfiduciate, per non pensare a quelle forzatamente separate perché qualche figlia è stata rapita per essere prostituita qui, sotto casa mia, la notte di Natale. Famiglie che piangono la morte di milioni di bimbi che tengono consunti tra le braccia alle soglie del terzo millennio cristiano, moderne pietà! E Dio dov'è? Cosa fa? Maria e Giuseppe, che non sono più di Nazareth, ma cittadini del mondo, con un passaporto speciale rilasciato loro dall'Eterno, che qualche diritto rivendica ancora, ci ricordano che Dio è lì con loro, impotente come duemila anni fa: ma proprio in questa debolezza ha nascosto il segreto della nostra salvezza. Gesù non si è semplicemente fatto uomo e non possiamo ridurre tutto ad una questione biologica. Gesù si è incarnato in una condizione esistenziale precisa: quella dei poveri. Proprio perché emarginati, oppressi, scomunicati, proprio perché famiglie povere e divise, Dio ne ha fatto la tenda della sua venuta tra noi, e li ha resi sacramento universale di salvezza. La salvezza portata da Gesù è per tutti, ma chi la desidera deve andare a prenderla lì. E se questo vuol dire mettersi in discussione, rinunciare a tante pretese, convertire la nostra mentalità nel segno dell'accoglienza, della com-passione, della con-divisione, allora significa che la Grazia è a caro prezzo: del resto Gesù non ha mai detto che sarebbe stato facile essere suoi discepoli. Su queste miserie umane, su questo potenziale sovrabbondante di amore che a dispetto di tutto riesce a fiorire sulla crosta del sistema, proprio come i bucaneve in questa stagione, si alza forte il canto di Maria: "L'anima mia magnifica il Signore, perché… ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi…". Questo è il progetto di Dio, questa è la bella notizia che nella tenacia dell'amore non spezzato dei poveri per le loro famiglie ci si rivela, come progetto da realizzare insieme per la salvezza di tutti.

Alberto Vitali



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