| Il 
                progetto di celebrare il V centenario della "scoperta dell'America" 
                e della "prima evangelizzazione" del continente ha sollevato 
                a suo tempo reazioni fortemente polemiche specialmente da parte 
                dei popoli indigeni, ma anche di altri settori dell'opi-nione 
                pubblica indoafrolatinoamericana e mondiale. Esse erano do-vute 
                al fatto che, dal punto di vista degl' indigeni, quel pro-getto 
                non era innocente, ma rifletteva una cultura di dominio sia nell'interpretazione 
                del passato sia nelle prospettive di avveni-re. Si affrontarono 
                cioè, in quel contesto, il punto di vista dei conquistatori 
                e quello degl'indigeni ribelli; e per ciò stesso due progetti 
                di civiltà e due concezioni del cristianesimo. La tesi 
                che vorrei sottoporre oggi alla discussione è che il 2000 
                segnerà il prolungamento e l'universalizzazione di questa 
                lotta ideologica, nelle chiese e nella società.. Non si 
                tratterà più di valutare solo i 500 anni di civiltà 
                e di cristianesimo, ma i 2000. Nella polemica non saranno coinvolti 
                solo l'America e l'Europa, ma tutti i popoli ed i continenti del 
                mondo. Tuttavia ,l'oggetto centrale del conflitto sarà 
                lo stesso: dovremo cioè definire il punto di vista a partire 
                dal quale valutare, come cristiani, i due millenni passati ed 
                elaborare il progetto del terzo millennio. Tutto però lascia 
                prevedere che per questa bat-taglia i segnali di mobilitazione 
                non verranno dalla periferia: dovrebbero invece essere lanciati 
                dai cristiani europei, in primo luogo dai romani, più direttamente 
                coinvolti nelle celebrazioni. Le valutazioni della storia proposte 
                dalle chiese cristiane si ispirano abitualmente a un criterio 
                ecclesiocentrico, precisa-to da ogni chiesa in rapporto a se stessa: 
                esso consiste nell'i-dentificare il progresso umano con il progresso 
                della "evangeliz-zazione", intesa appunto come istaurazione 
                e rafforzamento della chiesa. Su questa base, in occasione del 
                '92, la chiesa cattolica istituzionale pronunciò un giudizio 
                fondamentalmente positivo sulla "scoperta dell'America" 
                e sull'"evangelizzazione fondante"; e quindi sui 500 
                anni di evangelizzazione che essa ha avviato. Sulla stessa base, 
                il giubileo del 2000, celebrando i due millen-ni di evangelizzazione, 
                suggerirà un giudizio fondamentalmente positivo sul ruolo 
                del cristianesimo nella civiltà occidentale. L'altro punto 
                di vista consiste invece nell'assumere come criterio di valutazione 
                della storia e della stessa evangelizza-zione la "scelta 
                dei poveri", precisata come affermazione dei po-poli oppressi 
                quali soggetti. Inoltre, la coincidenza provviden-ziale fra la 
                transizione dal secondo al terzo millennio e il de-cennio internazionale 
                dei popoli indigeni, proclamato dalle Na-zioni Unite (1994-2004) 
                suggerisce una attenzione speciale, nella valutazione del passato 
                e nella progettazione del futuro, alla condizione di questi popoli. 
                . Se nel 1992, la polemica tra i due modelli di cristianesimo 
                ebbe come detonatore il progetto di "celebrare" il 5° 
                centenario dell'evangelizzazione, nel 2000 essa potrà avere 
                come detonatore il progetto vaticano di giubileo, inteso come 
                celebrazione dei 2000 anni di evangelizzazione ed orientato in 
                una prospettiva ec-clesiocentrica e romanocentrica. In effetti, 
                a giudizio di molti cristiani di tutto il mondo, il progetto di 
                giubileo, presentato dalla lettera apostolica Tertio millennio 
                adveniente e tradot-to nell imponente macchina organizzativa dell'avvenimento, 
                è espressione della stessa ideologia che ha ispirato le 
                celebra-zioni centenarie della "prima evangelizzazione". 
                Vogliamo ora mettere a confronto queste due concezioni del giubileo 
                , e , naturalmente, del cristianesimo, per invitare i credenti 
                a prendere posizione tra di esse, così come hanno dovu-to, 
                nel '92, prendere posizione tra due letture del V Centenario.    
                I - IL GIUBILEO, RIAFFERMAZIONE DELLA CENTRALITA' DELLA CHIESA  
                La 
                concezione del giubileo proposta da Giovanni Paolo II è 
                sintetizzata nelle prime pagine del documento :"I duemila 
                anni dalla nascita di Cristo rappresentano un giubileo straordinaria-mente 
                grande non solamente per i cristiani ma per l'intera umani-tà, 
                dato il ruolo di primi piano che il cristianesimo ha eserci-tato 
                in questi due millenni. Significativamente, il computo del decorso 
                degli anni si fa quasi dappertutto a partire dalla venuta di Cristo 
                nel mondo, la quale diventa così il centro anche del calendario 
                oggi più utilizzato. Non è forse anche questo un 
                segno del contributo impareggiabile recato alla storia universale 
                dalla nascita di Gesù di Nazaret ?"(15) Questa presentazione 
                implica essenzialmente due tesi: 1. Il giubileo del 2000 è 
                un momento centrale nella storia umana e cristiana. 2. Il giubileo 
                del 2000 dev'essere una solenne celebrazio-ne e riaffermazione 
                della centralità di Cristo, del cristianesimo e della chiesa 
                cattolica romana nella storia, anche rispetto alle altre confessioni 
                e religioni. Per comprendere dall'interno il pensiero di Karol 
                Wojtyla su questo come su altri temi, è essenziale riferirsi 
                al luogo antro-pologico e teologico in cui egli si colloca per 
                leggere la sto-ria: la chiesa cattolica romana, considerata il 
                luogo privilegia-to della presenza e della manifestazione di Dio.  
                Il Giubileo del 2000, momento culminante 
                nella storia umana e cristiana Il 
                giubileo del 2000, come solenne celebrazione della cen-tralità 
                di Cristo e del cristianesimo, assume esso stesso, agli occhi 
                del papa, una centralità nella storia umana e cristiana, 
                diventandone una chiave ermeneutica. E' interessante analizzare 
                questo rapporto fra il giubileo e l'intera storia: esso consente 
                infatti di cogliere più profondamente il significato che 
                il papa attribuisce sia alla storia sia allo stesso giubileo. 
                Questo avvenimento è per lui, anzittutto, una "chiave 
                erme-neutica" di tutto il suo pontificato(23). Al giubileo, 
                ricorda egli, fa esplicito riferimento fin dal primo documento, 
                l'en-ciclica Redemptor hominis, e su di esso ritorna con frequenza, 
                particolarmente nell'enciclica Dominum et vivificantem del 18 
                maggio 1986.(23) Ma egli estende poi tale criterio ermeneutico 
                a tutta la storia, nella convinzione che " ogni giubileo 
                è preparato nella storia della chiesa dalla divina Provvidenza 
                (17) Concretamente, "il concilio Vaticano II costituisce 
                un evento provvidenziale, attraverso il quale la chiesa ha avviato 
                la preparazione prossima al giubileo del secondo millennio." 
                (18) Tale preparazione prose-gue con la serie di sinodi ( generali 
                e continentali, regionali, nazionali e diocesani) iniziata dopo 
                il concilio, il cui "tema di fondo" è quello 
                della "nuova evangelizzazione", caratterizzata da una 
                "consapevolezza nuova della missione ricevuta da Cristo". 
                (21) Nella preparazione, "specifici compiti e responsabilità 
                ...spettano al ministero del Vescovo di Roma. In qualche modo 
                hanno operato in questa prospettiva tutti i pontefici del secolo 
                che sta per concludersi."(22) Inoltre, un ruolo particolare 
                viene riconosciuto alle "singole chiese che con i loro giubilei 
                cele-brano tappe significative nella storia della salvezza dei 
                singoli popoli." (25) Questi giubilei celebrano nelle diverse 
                regioni del mondo, l'inizio dell'evangelizzazione: particolarmente 
                significativa la continuità che viene così affermata 
                fra il V Centenario dell'e-vangelizzazione dell'America Latina 
                e il secondo millenario dell'Incarnazione. "Nella prospettiva 
                della preparazione dell'An-no 2000" il papa situa anche "gli 
                Anni Santi dell'ultimo scorcio di questo secolo"(26). Tra 
                questi, dedica particolare attenzione all'anno mariano 1987-88, 
                che è stato " quasi un'anticipazione del giubileo, 
                contenendo in sè molto di quanto dovrà esprimersi 
                pienamente nell'Anno 2000".(26) La sua importanza deriva 
                anche dal fatto che esso "ha preceduto da vicino gli eventi 
                del 1989", nei quali "era all'opera...la mano invisibile 
                della provviden-za".(27) "Le molteplici ricorrenze giubilari 
                di queste Chiese... evo-cano il cammino di Cristo nei secoli e 
                approdano anch'esse al grande Giubileo della fine del secondo 
                millennio. "Vista in que-sta luce, tutta la storia cristiana 
                ci appare come un unico fiu-me, al quale molti affluenti recano 
                le loro acque. L'anno 2000 ci invita ad incontrarci con rinnovata 
                fedeltà ed approfondita comu-nione sulle sponde di questo 
                grande fiume: il fiume della Rive-lazione, del cristianesimo e 
                della Chiesa, che scorre attraverso la storia dell'umanità." 
                (25) In una parola, la centralità che Giovanni Paolo II 
                attribui-sce al giubileo del 2000 è dovuta al fatto che 
                esso rappresenta un momento culminante nell'evangelizzazione del 
                mondo. E' questa convinzione che gli permette di affermare: "Quanto 
                al contenuto, questo Grande Giubileo sarà, in un certo 
                senso, simile ad ogni altro. Ma sarà al tempo stresso diverso 
                e di ogni altro più gran-de." (16) "La Porta 
                Santa del Giubileo del 2000 dovrà essere sim-bolicamente 
                più grande delle precedenti, perché l'umanità, 
                giunta a quel traguardo, si lascerà alle spalle non soltanto 
                un secolo, ma un millennio." (33) Ma se è abbastanza 
                chiaro, per quanto discutibile, il fonda-mento oggettivo della 
                centralità che il papa attribuisce al cristianesimo nella 
                storia dell'umanità, meno evidente è il fon-damento 
                della centralità storica attribuita al Giubileo dell'anno 
                2000: non è chiaro cioè perchè i molteplici 
                avvenimenti evocati "approdino all'anno 2000" e su quale 
                base si attribuisca loro la funzione provvidenziale di "preparare" 
                quella ricorrenza, ricono-scendola come momento culminante nella 
                storia dell'evangelizza-zione. Riesce difficile escludere l'ipotesi 
                che su questa inter-pretazione dei fatti Giovanni Paolo II proietti 
                la convinzione personale della centralità storica del suo 
                pontificato, chiamato, nel piano della Provvidenza, a condurre 
                la chiesa verso il Terzo Millennio.  
                Il Giubileo del 2000, celebrazione della centralità storica 
                di Cristo e della chiesa cattolica romana Il 
                carattere fondamentale del giubileo del 2000, per Gio-vanni Paolo 
                II, è che esso è chiamato ad essere la celebrazione 
                della centralità di Cristo e per ciò stesso del 
                cristianesimo e della chiesa cattolica romana nella storia . E' 
                tipica della sua teologia della cristianità sia l' affermazione 
                della centralità storica di Cristo sia soprattutto il vincolo 
                tra di essa e la centralità del cristianesimo, ossia della 
                chiesa cattolica roma-na. " (10)"Il giubileo dell'anno 
                2000 vuol essere una grande pre-ghiera di lode e di ringraziamento 
                soprattutto per il dono dell'Incarnazione del Figlio di Dio e 
                della Redenzione... Inol-tre "per il dono della chiesa, fondata 
                da Cristo *come sacramen-to, cioè come segno e strumento 
                dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere 
                umano*". (32) Secondo Giovanni Paolo II, le grandi tappe 
                della storia uma-na sono segnate in ogni popolo e continente dal 
                "cammino di Cri-sto", cioè dall'evangelizzazione. 
                Questa è sempre considerata un grande progresso, anzi una 
                nuova nascita, come è avvenuto tipi-camente per quanto 
                riguarda l'America Latina. In nessun momento si allude al fatto 
                che l' evangelizzazione ha spesso coinciso con la conquista e 
                la colonizzazione; che essa quindi non è stata al-lora 
                un annunzio di liberazione, ma uno strumento di asservimento e 
                di soffocamento dei popoli. Nessun cenno viene fatto, nel bi-lancio 
                dei due millenni, al ruolo storico assolto dal cristiane-smo nella 
                legittimazione dei rapporti di dominio e quindi nella genesi dell'attuale 
                divisione del mondo. E' certo che , secondo il papa, il giubileo 
                chiama i fedeli al pentimento. Questo però non ha come 
                oggetto peccati ed er-rori della chiesa, ma dei suoi figli (33,34,35,36): 
                colpevoli di aver disubbidito al magistero della chiesa e di aver 
                disatteso la sua dottrina sociale (36). Per altro, le debolezze 
                dei cristia-ni, che "deturpano il volto della chiesa" 
                (35), non ne pregiudi-cano la "santità", fondata 
                sulla sua "incorporazione a Cri-sto"(33). Anche "l'acquiescenza 
                manifestata, specie in alcuni se-coli a metodi di intolleranza 
                e persino di violenza a servizio della verità" viene 
                messa sul conto dei "figli della chiesa" (35) e non 
                mai collegata con la storica alleanza fra l'altare e il trono 
                e quindi con la concezione dell'evangelizzazione.  
                Verso una "nuova evangelizzazione" e un ecumenismo romanocentrico E' 
                evidente a partire da queste premesse, che la nuova evangelizzazione, 
                propugnata dal Papa per il terzo millennio, si manterrà 
                in fondamentale continuità con la storia che egli chia-ma 
                a celebrare. Così il primo anno della preparazione quinquenna-le 
                avrà come tema "Gesù Cristo, unico Salvatore 
                del mondo, ieri oggi e sempre" (40) e come guida il Catechismo 
                della chiesa cat-tolica (42). Nel secondo anno, si parlerà 
                dello Spirito Santo, considerato "l'agente principale della 
                nuova evangelizzazione". Ci si impegnerà a riscoprire 
                la presenza ed azione dello Spirito, il quale, si precisa, "agisce 
                nella Chiesa sia sacramentalmente, soprattutto mediante la confermazione, 
                sia attraverso molteplici carismi, compiti e ministeri da Lui 
                suscitati per il bene di es-sa" (45) L'azione dello Spirito 
                verrà invocata particolarmente per fondare l'autorità 
                degli apostoli (45) e per suscitare "un senso più 
                vivo dell'obbedienza ecclesiale".(47) Finalmente le celebrazioni 
                del giubileo esprimeranno simbo-licamente e realmente la centralità 
                di Cristo e della chiesa romana:"Essendo Cristo l'unica via 
                di accesso al Padre, per sot-tolinearne la presensa viva e salvifica 
                nella chiesa e nel mondo, si terrà a Roma, in occasione 
                del Grande Giubileo,il Congresso eucaristico internazionale"(55). 
                L'ecclesiocentrismo cattolico incide naturalmente sul modo con 
                cui sono pensati i rapporti con le altre confessioni cristia-ne 
                e con le altre religioni. Anche dove si considera l'ecumenismo 
                una dimensione essenziale delle celebrazioni giubilari, si ritie-ne 
                che esso non possa mettere in questione la superiorità 
                del cattolicesimo. Così, percorrendo a grandi tratti la 
                storia dell'evangeliz-zazione, il papa si riferisce quasi esclusivamente 
                alla chiesa cattolica. Egli fa una rapida allusione alle chiese 
                orientali, ma dalla sua panoramica sono totalmente assenti le 
                chiese evangeli-che. Interpretando poi l'antico testamento ed 
                i giubilei in esso celebrati essenzialmente come preparazione 
                ed annunzio della ve-nuta di Cristo (6, 11), egli pregiudica seriamente 
                l'incontro con gli ebrei. Per quanto riguarda le altre religioni 
                non cristiane, in particolare quelle dell'Asia, come il buddismo 
                e l'induismo, Gio-vanni Paolo II ritiene importante l'incontro 
                con esse. Ma precisa subito:"Esiste l'urgente bisogno che 
                in occasione del grande giu-bileo si illustri e approfondisca 
                la verità su Cristo come unico mediatore tra Dio e gli 
                uomini e unico redentore del mondo, ben distinguendolo dai fondatori 
                di altre grandi religioni, nelle quali pur si trovano elementi 
                di verità che la chiesa considera con sincero rispetto, 
                vedendovi un riflesso della verità che il-lumina tutti 
                gli uomini. Nel 2000 dovrà risuonare con forza rin-novata 
                la proclamazione della verità: Ecce natus est nobis Salva-tor 
                mundi."(38) Del resto, fin dalle prime pagine della lettera, 
                il papa aveva indicato il fondamento della superiorità 
                del cristianesimo su tutte le altre religioni: il fatto cioè 
                che il suo fondatore sia Dio stesso."Tocchiamo qui il punto 
                essenziale per cui il cristianesimo si differenzia dalle altre 
                religioni nelle quali si è espressa fin dall'inizio la 
                ricerca di Dio da parte dell'uomo. Nel cristianesimo l'avvio è 
                dato dall'Incarnazione del Verbo. Qui non è soltanto l'uomo 
                a cercare Dio,, ma è Dio che viene in Persona a parlare 
                di sè all'uomo ..." (6). Non sarà certo facile 
                per la chiesa cattolica rilancia-re su basi solide il movimento 
                ecumenico riaffermando al tempo stesso la centralità e 
                superiorità del cattolicesimo. L'ecclesiocentrismo non 
                influisce solo sul significato teo-logico del giubileo, ma anche, 
                naturalmente, sulla forma della sua celebrazione. Al centro di 
                essa , in questa prospettiva, vie-ne a trovarsi l'affluenza a 
                Roma dei fedeli di tutto il mondo. Si pevede per il 2000 l'arrivo 
                di 30 a 40 milioni di pellegrini, con una media di 100.000 persone 
                al giorno: il pellegrinaggio più af-follato della storia. 
                Forse un avvenimento spirituale, ma indub-biamente un avvenimento 
                turistico di enorme rilievo economico e politico, che finirà 
                con l'essere prevalente sia nello sforzo di organizzazione sia 
                nell'immagine che il giubileo proietterà all'opinione pubblica 
                e pertanto nel progetto di "nuova evange-lizzazione" 
                che realizzerà. Quindi questo progetto di giubileo finisce 
                col celebrare e rilanciare un certo modello di evangelizzazione 
                , strettamente legata al potere politico ed economico. In occasione 
                del V cen-tenario, la celebrazione della prima evangelizzazione 
                dell'Ame-rica Latina implicava la legittimazione della conquista 
                , e quin-di dell' organizzazione colonialista da essa istaurata.Allo 
                stesso modo , in occasione del secondo millennio, la celebrazione 
                incondizionata dell' evangelizzazione del mondo implica la legit-timazione 
                dei rapporti di dominio che essa ha favorito e quindi della civiltà 
                colonialista occidentale, che ha preteso di chia-marsi cristiana. 
                Inoltre, la celebrazione del giubileo del 2000 sarà segnata 
                dall'alleanza tra la chiesa cattolica e le forze economiche e 
                politiche coinvolte in questo enorme affare e dalla concezione 
                dell'evangelizzazione in essa implicata. Pertanto , l'ecclesiocentrismo 
                che caratterizza il progetto wojtyliano di giubileo genera in 
                esso una serie di contraddizio-ni. Vuol essere un tempo di penitenza 
                e di conversione, ma esal-tando il modello di evangelizzazione 
                a partire dal potere poli-tico ed economico, legittima le relazioni 
                di dominio che esso ha favorito e pertanto la civiltà colonialista 
                occidentale, detta cristiana. Si propone di rafforzare il movimento 
                ecumenico, ma riaffermando al tempo stesso la centralità 
                storica del cattolice-sismo e lasua superiorità sulle altre 
                confessioni e religioni. II - IL GIUBILEO, MOBILITAZIONE PER LA LIBERAZIONE DEGLI OPPRESSI
  
                Il giubileo nella storia d'Israele e nella prospettiva di Gesù: 
                tempo di conversione e di liberazione Il 
                giubileo cristiano vuole ispirarsi alla tradizione bibli-ca e 
                soprattutto al messaggio di Gesù. Il papa ricorda che nell'Antico 
                Testamento (come si legge nel Levitico 25 e nel Deu-teronomio,15,1-11) 
                esso era un tempo dedicato in modo particolare a Dio, che cadeva 
                ogni settimo anno, ed era considerato un anno sabbatico, durante 
                il quale si lasciava riposare la terra , si dovevano liberare 
                gli schiavi ebrei e condonare tutti i debiti. Nell'anno giubilare 
                poi, che cadeva ogni 50 anni, queste prospet-tive venivano ampliate. 
                Veniva proclamata l"l'emancipazione di tutti gli abitanti 
                bisognosi di liberazione. In questa occasione ogni israelita rientrava 
                in possesso della terra dei suoi padri, se eventualmente l'aveva 
                venduta o persa cadendo in schiavitù." (12) L'anno 
                giubilare pertanto doveva restituire l'ugua-glianza tra tutti 
                i figli d'Israele e ripristinare fra di essi la giustizia sociale. 
                Ciò implicava un governo ed una legislazione intesi a proteggere 
                i più deboli, garantendo i loro diritti con-tro la prepotenza 
                dei ricchi.(13) Su questo retroterra, si comprende la profonda 
                reinterpre-tazione del giubileo proposta da Gesù, quando 
                si presenta al po-polo di Nazareth, leggendo questo passo di Isaia:"Lo 
                Spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore 
                mi ha consacrato con l'unzione ; mi ha mandato a portare il lieto 
                annunzio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a 
                proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei 
                prigionieri, a proclamare l'anno di misericordia del Signore." 
                (11) Nella prospettiva di Gesù quindi il giubileo è 
                un tempo di liberazione integrale, che esprime la sostanza della 
                sua missione. Ma è difficile trovare il riflesso di questa 
                impostazione nell' interpretazione del giubileo proposta da Giovanni 
                Paolo II. In essa infatti l'ecclesiocentrismo eclissa il punto 
                di vista de-gli oppressi. L'evangelizzazione che egli celebra 
                e che si pro-pone di rilanciare ha perso ogni rapporto con la 
                liberazione so-ciale; anzi, entra spesso in contraddizione con 
                essa, e diventa la legalizzazione della schiavitù; ha perso 
                inoltre ogni rapporto con il ricupero delle terre, ma diventa 
                a volte la giustifica-zione dell'esproprio. Così, il carattere 
                penitenziale del giubileo si spiritua-lizza, e fa leva sulla "concessione 
                di indulgenze in modo più largo che in altri periodi". 
                Dagli obbiettivi primari del giubi-leo scompare quello di restituire 
                l'uguaglianza tra i figli d'I-sraele, mentre assume un'importanza 
                decisiva quello, ecclesiocen-trico, di restaurare l'unità 
                dei cristiani.(16,24,34,38,53,55) Certo, è presente nelle 
                preoccupazioni del papa il riferi-mento ai poveri ed agli emarginati, 
                oggetto di un' opzione prefe-renziale della chiesa. "Si deve 
                anzi dire che l'impegno per la giustizia e per la pace in un mondo 
                come il nostro segnato da tanti conflitti e da intollerabili disuguaglianze 
                sociali ed eco-nomiche, è un aspetto qualificante della 
                preparazione e della ce-lebrazione del Giubileo." (51) Ma 
                questa sincera preoccupazione non elimina la distanza tra il giubileo 
                della chiesa romana e quello della bibbia; tra il giubileo proclamato 
                dal papa e quello proclamato da Gesù. Anzit-tutto perché 
                il riferimento ai poveri ed agli emarginati non è più 
                al centro del giubileo, ma ne diventa un aspetto secondario, di 
                cui il documento papale si occupa solo verso la fine, illu-strando 
                il contenuto del terzo anno di preparazione. Tale riferi-mento 
                inoltre, che non parla di liberazione degli schiavi, ha perso 
                la carica sovversiva nei confronti dell'assetto sociale che lo 
                caratterizzava sia nei giubilei d'Israele, sia nel giubileo proclamato 
                da Gesù.  
                Per un giubileo celebrato dal punto di vista dei popoli indigeni 
                insorti Vorrei 
                ora avanzare una proposta, intesa a riscoprire il si-gnificato 
                originario, penitenziale e liberatore, del giubileo ed a restituire 
                alla scelta dei poveri il suo ruolo centrale nella caratterizzazione 
                dell'avvenimento. Essa fa leva sulla coinciden-za tra il passaggio 
                dal II al III millennio ed il decennio inter-nazionale dei popoli 
                indigeni, proclamato dalle Nazioni Unite, che va dal 10 dicembre 
                del 1994 al 10 dicembre del 2004. La pro-posta è quella 
                di accostare il passaggio dal II al III millennio dal punto di 
                vista dei popoli indigeni, che emergono alla co-scienza ed alla 
                dignità di soggetti. Nel '92 , come abbiamo già 
                ricordato, moltissime persone, ruppi, movimenti, comitati si sono 
                mobilitati per rifiutare le celebrazioni del V Centenario della 
                conquista e dell'evangelizza-zione, e soprattutto l'ideologia 
                ad esse soggiacente, quella dei conquistatori e dei dominatori. 
                Ci siamo domandati se non fosse altrettanto urgente un'analisi 
                dell'ideologia che soggiace al progetto di celebrazione del millennio, 
                inteso come esaltazione dei duemila anni di civiltà cristiana. 
                Perchè non è certo possi-bile separare il giudizio 
                sui 500 anni da un giudizio sui 2000 anni. La conquista e le conquiste 
                generatrici della modernità, la colonizzazione e l'evangelizzazione, 
                furono lo sbocco naturale del progetto imperiale di organizzazione 
                del mondo e di interpre-tazione del cristianesimo, consacrato 
                dal patto costantiniano. Si osserverà forse che l'imperialismo 
                non caratterizza solo l'era cristiana, ma che in questo essa non 
                fa che prolungare ideologie e pratiche ad essa anteriori. E' vero. 
                Ma è , appunto qui, per i credenti, il cuore del problema 
                che li turba : perché il cristianesimo non ha cambiato 
                la storia ? Perché non è riusci-to a spezzare la 
                legge del più forte, ma si è piuttosto piegato ad 
                essa? Perché il messaggio liberatore lanciato da Gesù 
                si è trasformato così spesso, nella versione proposta 
                dalle chiese, in un appello alla sottomissione ed alla rassegnazione? 
                E' lecito pensare che il cristianesimo non ha cambiato il mondo 
                perché il mondo ha cambiato il cristianesmo? Interrogarsi 
                sul significato dei due millenni trascorsi vuol dire tentare una 
                valutazione della civiltà occidentale cri-stiana e quindi 
                anche dell'evangelizzazione, quale si è realmente svolta: 
                perché non parlare di un "cristianesimo reale" 
                distinto e spesso contrapposto al cristianesimo ideale annunciato 
                da Gesù. Interrogarsi sulle prospettive del terzo millennio 
                vuol dire do-mandarsi se esso debba rappresentare uno sviluppo 
                coerente dei primi due o se non s'imponga nei confronti di essi 
                una rottura ed un'inversione di tendenza. Affermare in tale contesto 
                la nostra identificazione con i popoli indigeni, significa assumere 
                il loro punto di vista per giudicare la storia passata e progettare 
                quella futura: adottare il punto di vista degli esclusi della 
                nostra civiltà anzichè quello dei dominatori. Una 
                scelta di civiltà che dovrebbe essere anche una scelta 
                di vita. Ripensare il giubileo del 2000 dal punto di vista dei 
                popoli indigeni significa riscoprire il suo originario significato 
                pe-nitenziale e liberatore, ritrovare la sua carica sovversiva. 
                Si-gnifica per le chiese rilanciare il messaggio di Gesù, 
                impegnan-dosi al fianco dei popoli indigeni e di tutti gli oppressi 
                del mondo nella loro lotta di liberazione, cioè nel loro 
                sforzo di affermarsi come soggetti storici. Significa denunciare 
                coraggio-samente il crimine e il peccato strutturale dell' emarginazione 
                delle grandi maggioranze dell'umanità, e l'ideologia liberale 
                che lo ispira. Significa quindi porre al centro della mobilitazione 
                giubilare non tanto l'unità fra le chiese , quanto la solidarietà 
                fra i popoli ed i continenti; una riconciliazione che non tra-sformi 
                solo i rapporti interpersonali, ma soprattutto i rapporti strutturali 
                fra il Nord e il Sud del mondo. Significa anche lottare perché 
                i paesi ricchi condonino il debito dei poveri, che costituisce 
                oggi lo strumento più micidia-le di sfruttamento e di dominio; 
                la forma più spietata della schiavitù dei popoli. 
                Perché soprattutto riconoscano il loro proprio debito nei 
                confronti di essi e s'impegnino a pagarlo. Significa infine appoggiare 
                i popoli indigeni nella lotta che conducono per ricuperare le 
                terre dei loro padri, sequestrate violentemente dai conquistatori 
                di ieri e di oggi.  
                Il giubileo, tempo di conversione per le chiese Ripensare 
                il giubileo dal punto di vista dei popoli indigeni impone anche 
                di riconoscere la responsabilità, nella genesi di una civiltà 
                genocida, non solo "dei cristiani", ma delle chiese 
                come tali e della loro pratica evangelizzatrice, rimettendo quindi 
                radicalmente in questione il progetto giubilare di autoce-lebrazione, 
                ed impegnandosi invece sul cammino della conversione. Impone loro 
                quindi di assumere oggi fino in fondo la scelta degli oppressi, 
                schierandosi al fianco dei popoli che hanno contribuito e che 
                contribuiscono ad asservire; riconoscendo anch'esse nei loro confronti 
                il loro debito storico , culturale ed economico, ed impegnandosi 
                a pagarlo. La celebrazione più cristiana del giubileo da 
                parte delle chiese sarebbe l'iniziativa di restituire ai popoli 
                indigeni le terre che furono loro strappate dai conquistatori 
                e colnizzatori e che formano parte oggi del patrimonio ecclesiastico, 
                A questo riguardo, sembra oggi estremamente importante valorizzare 
                la te-stimonianza, spesso sconosciuta o clandestina, dei sacerdoti 
                e vescovi che hanno avuto il coraggio di riconoscere nella pratica 
                questo debito storico della chiesa ed hanno cominciato a pagarlo, 
                affrontando la persecuzione non solo dei latifondisti, dei gover-ni 
                e delle bande paramilitari, ma anche dei loro fratelli nel sa-cerdozio 
                e nell'episcopato e della curia romana. Il messaggio di liberazione 
                lanciato dalle chiese al mondo non avrebbe nessuna credibilità 
                se esse non avessero il coraggio di ratificarlo, come Gesù, 
                con la loro testimonainza. Per tutte le chiese locali, la celebrazione 
                del giubileo sarebbe certamente più autentica se esse destinassero 
                al servizio degli oppressi e della loro liberazione tutte le risorse 
                che avrebbero investito nell'organizzazione di pellegrinaggi massicci 
                verso il "centro della cristianità". Perché 
                l'autentico centro della cristianità è il Signore 
                presente nella vita, la sofferenza e la lotta degli oppressi.  
                La testimonianza profetica e sovversiva di Mons.Proaño Assume 
                in questa prospettiva un valore esemplare la figura di Mons. Leónidas 
                Proaño, vescovo di Riobamba, Ecuador, che con-sacrò 
                la sua vita a promuovere l'affermazione dei popoli indigeni come 
                soggetti nella società e nella chiesa, restituendo loro 
                l'orgoglio di essere indigeni, eredi di grandi culture e religio-ni. 
                Egli poi non si limitò ad un impegno politico e culturale, 
                ma giunse a consegnare agli indigeni le terre della diocesi, ricono-scendo 
                il loro diritto storico su di esse e considerando questo gesto 
                semplicemente come una restituzione. Desidero ricordare questa 
                pagina gloriosa della storia della chiesa con le parole dello 
                stesso Proaño: " In realtà, la popola-zione 
                della diocesi di Riobamba era composta per due terzi da in-digeni. 
                Trovai che la loro situazione era deplorevole da ogni punto di 
                vista: economico, sociale, educativo, politico, religio-so. Vivevano 
                nella più completa miseria; erano vittime del di-sprezzo 
                di tutti; erano terribilmente emarginati dalla società 
                e anche dalla chiesa. La chiesa di Riobamba era padrona di notevoli 
                estensioni di terreno, come erede di sistemi postcoloniali. Era 
                una vergogna. Ma la realtà era questa. Con le autorizzazioni 
                ecclesiastiche necessarie, la chiesa procedette, attraverso un 
                lungo processo di preparazione, a con-segnare gratuitamente 370 
                ettari di terra ad una cooperativa di familie indigene, promossa 
                dalla stessa chiesa. Poco tempo dopo , quando il governo dell'Ecuador 
                emanò la prima legge di riforma agraria, la chiesa, con 
                una convezione, cedette una delle sue più grandi proprietà, 
                perché si realizzas-se una riforma agraria tra migliaia 
                di famiglie indigene. Allo stesso scopo, qualche anno più 
                tardi, cedette il resto delle sue proprietà. Così 
                la chiesa di Riobamba purificò il suo volto, macchiato 
                per secoli dalla condizione di grande proprietaria. Così, 
                con il volto pulito, potè schierarsi al fianco dei "più 
                poveri tra i po-veri" nella giusta lotta per affermare il 
                loro diritto alla terra." Le iniziative di Proaño 
                ebbero sugl'indigeni un impatto co-scientizzatore e mobilitante, 
                spingendoli ad esigere le loro ter-re da altri latifondisti e 
                da altri vescovi. Di qui la guerra che gli dichiararono i grandi 
                proprietari e gli stessi vescovi. Di qui anche le preoccupazioni 
                che il Vaticano manifestò riguardo al suo orientamento 
                ideologico e pastorale, inviandogli, nel 1973, un visitatore apostolico, 
                incaricato di verificare le ac-cuse di comunismo dirette contro 
                di lui. Cominciò in tale modo un processo di "deproanizzazione", 
                che continua e si rafforza dopo la sua morte, inteso non solo 
                a delegittimare e bloccare le sue iniziative, ma anche a distruggere 
                il messaggio evangelicamente sovversivo del suo pensiero teologico 
                e pastorale.  
                Il giubileo, tempo di apertura macroecumenica Per 
                quanto riguarda le chiese, non si tratta solo di resti-tiuire 
                le terre ai legittimi proprietari, ma di riconoscere la propria 
                responsabilità nel genocidio culturale e religioso degl'indigeni 
                e pertanto di mettere onestamente in questione la concezione dell'evangelzzazione 
                che ha legittimato quei crimini oggettivi ( senza per questo mettere 
                in dubbio la buona fede e la dedizione di molti missionari). In 
                tale contesto, l'ecumenismo del giubileo sarà chiamato 
                a compiere un salto di qualità. Primo, superando le frontiere 
                delle chiese, per estendersi a tutte le religioni impegnate nella 
                libe-razione degli uomini e dei popoli, particolarmente alle religio-ni 
                originarie dei popoli indigeni ed a quelle degli afroamerica-ni. 
                In secondo luogo, stabilendo con esse un rapporto di dialogo e 
                di reciprocità, e quindi abbandonando il presupposto della 
                superiorità e centralità storica del cristianesimo. 
                Terzo, ponen-do espressamente tra gli obbiettivi comuni la campagna 
                per la restituzione delle terre ai popoli indigeni da parte della 
                chie-sa. Quarto, specialmente per le chiese che hanno una forte 
                pre-senza indigena,l'ecumenismo suppone la capacità di 
                riconoscere e denunciare la loro identificazione storica con le 
                culture europee e di rinnovarsi promuovendo l'affermazione dei 
                popoli indigeni come soggetti, contribuendo alla riscoperta e 
                rivalutazione delle loro culture e religioni ed aprendosi al loro 
                contributo: il che significa diventare una chiesa indigena, promuovere 
                una liturgia indigena, una lettura indigena della bibblia, una 
                teologia indi-gena, ecc. Per la chiesa universale queste esperienze 
                di chiesa locale rappresentano un appello radicale alla conversione 
                e mobi-litazione, coerenti con la scelta degli oppressi come soggetti. Desidero 
                concludere questa riflessione ricordando le parole pronunciate 
                da Mons.Proaño a letto, poche ore prima di morire: " 
                Mi viene un'idea, mi sconvolge un'idea: che la chiesa è 
                l'unica responsabile della situazione di oppressione degl'indigeni. 
                Che dolore! Che dolore| Io sento sulle mie spalle questo peso 
                di se-coli. Che dolore! Che dolore!" Questo testamento è 
                una provoca-zione straordinariamente efficace ad una riletture 
                evangelica del giubileo come appello al pentimento ed alla conversione 
                per le chiese e come annuncio di liberazione per i poveri. |