Mons. Samuel Ruiz García

 


Una nuova Ora di Grazia

lettera pastorale di Don Samuel Ruiz

I – Introduzione

Una nuova Ora di Grazia si scorge dopo l’intenso cammino che la nostra nazione, i popoli indigeni e il Chiapas, hanno vissuto negli ultimi dieci anni. Già nell’agosto 1993 esprimevo, nella mia lettera rivolta al Romano Pontefice, l’angoscia che, per le condizioni d’ingiustizia e emarginazione, colpiva le comunità indigene della diocesi di San Cristóbal de Las Casas; ma segnalavo anche le luci di speranza che illuminavano sentieri di futuro.

a – In questa nuova Ora di Grazia, guardando i segni dei tempi di una nuova tappa verso la quale dobbiamo peregrinare, in fedeltà alla nostra speranza di una terra nuova per tutti, scopro che: la mia condizione di vescovo emerito mi sollecita a sentirmi come tale dentro la chiesa e per la chiesa; mi spinge a continuare ad essere attento alla voce dei poveri, portando al tempo stesso nel mio cuore la sollecitudine per tutti i cristiani e le chiese del mondo (1); esige da me di condividere il mio pensiero di fede, alimentato a sua volta dalla parola delle comunità, organizzazioni e persone, la cui azione è stata centrale nel processo storico di cui tutti siamo parte.

b – Parlo ora a partire da un’altra dimensione. Non è che il conflitto che si vive in Chiapas si sia risolto, né che abbia perso al sua importanza. E’ che la pace non sarà costruita solo sulla base di sforzi nazionali, quando le sue cause sono sempre più globali e alludono all’urgenza di un cambiamento profondo nel sistema economico e politico dominante.

c – Non è che io abbia ricevuto un messaggio, o un incarico speciale, ma che nel 44° anniversario della mia consacrazione episcopale, essendo stato benedetto come pellegrino con i popoli indigeni e come membro di una chiesa che si sforza di fare sue le tristezze, le angosce, i dolori, le gioie e le speranze del popolo (GS 1) percepisco, con molti altri i segnali di una nuova tappa dell’umanità e mi preme l’urgenza di sommare il mio clamore al loro, per rendere evidente, a quelli che vogliono vederli, questi inconfondibili "segni dei tempi" di questo singolare "passaggio del Signore" sul "Nuovo Popolo di Dio" che segue il Cristo risorto.

d – Non posso, d’altra parte, tralasciare di vedere e segnalare la recrudescenza di certe conseguenze negative che ha portato il sistema neoliberale dominante: la globalizzazione, è stata dominata da modelli economici e politici che, slegati dall’etica, acutizzano la disuguaglianza economica e approfondiscono l’ingiustizia. Le attuali strutture dominanti hanno comportato frustrazione, esclusione e morte per la maggior parte dei popoli. Essendosi introdotta, inoltre, l’inaccettabile guerra denominata "preventiva" si è causato un serio deterioramento dei diritti umani e all’umanità come tale, riducendo o indebolendo le Istanze Mondiali destinate a vegliare sulla pace. Le derivazioni distruttive di ciò sono presenti in tutti i continenti, con un flusso crescente delle migrazioni e con l’evidenza che le promesse di diminuire significativamente la povertà, sono molto lontane dal compiersi.

Queste ripercussioni adombrano il panorama mondiale, accrescendo la dipendenza di alcuni paesi da altri, sono segnali di morte.

e – Proprio su questo sfondo oscuro, sul quale camminano i popoli, constato che ci sono segni di vita e la presenza feconda della Parola Divina che ha inspirato tante persone e comunità nella loro ricerca della giustizia e della pace.

II – Segnali di vita

1 – La statua del sistema, crolla.

Nonostante che la globalizzazione neoliberale si presenti come un opportunità storica unica, come un progetto fondamentale definito e definitivo, e come l’ultimo possibile nella storia, porta già dentro di se le contraddizioni e le debolezze che lo condannano a morte:

  • accelerando pericolosamente il consumo di materie prime non rinnovabili e usando indiscriminatamente sostanze chimiche, causano un danno che minaccia seriamente la sussistenza del pianeta e lo obbliga, pertanto, a modificare la sua direzione
  • promuovendo, per sussistere un aumento costante della produzione, quando introduce a questo fine l’automazione, estromette un ingente numero di lavoratori e diminuisce l’insieme dei consumatori della sua produzione
  • assorbendo i paesi del mondo per trasformarli in un supermercato dove tutto abbia una scritta che dica: "si vende", concentra il potere economico nelle cuspidi sociali, causa uno squilibrio economico e in fine la rovina, propiziando così l’apogeo di una opposizione congiunta
  • in fine, rivolgendosi alle "conquiste" ultime della tecnica per rotte sempre più disumanizzanti, aumenta il rifiuto generale, motivato dalle conseguenze negative che porta con sé

Contro i piedi della statua, grande, brillante e di aspetto terribile, come appare questo sistema, già scende, dal monte della storia, una pietra che la trasformerà in polvere che sarà dispersa dal vento, senza lasciare traccia alcuna. "Il Dio del cielo stabilirà un Regno che mai sarà distrutto…"
(cfr. Dn 2,31-44).

2 – Una società senza guerra

Un segnale evidente del cammino verso la nuova epoca, è stata la mobilitazione mondiale di rifiuto all’invasione intrapresa contro l’Iraq da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Si è manifestato un movimento civile mondiali, enormemente potente, che nella sua convocazione e nei risultati oltrepassa i movimenti di massa classici, per la sua forza, la coerenza nella protesta e nella proposta. Abbiamo contemplato il fatto più massivo della storia dell’umanità. Si è messo in evidenza che questo modello di sviluppo, per esistere, ha bisogno di rubare e per rubare deve uccidere. I dirigenti del mondo unipolare e transnazionale, hanno avuto l’insperata sincerità di averlo detto e fatto senza nessuna dissimulazione. Questi avvenimenti rendono evidente il crescente allontanamento che c’è tra i governi e i popoli, tra la società civile e la società politica.

Di fronte alle nuove armi e ai loro enormi e indiscriminati effetti distruttivi che sorpassano i limiti della legittima difesa, è necessario esaminare la guerra e la pace con mentalità totalmente nuova.

"…Dobbiamo procurare con tutte le nostre forze, preparare un epoca in cui possa essere assolutamente proibita, mediante un accordo delle nazioni, qualsiasi guerra. Questo necessità lo stabilimento di un’autorità pubblica universale riconosciuta da tutti, con potere efficace per garantire la sicurezza, il compimento della giustizia e il rispetto dei diritti… La pace deve nascere dalla fiducia dei popoli e non deve essere imposta alle nazioni dal terrore delle armi; perciò, tutti devono lavorare perché la corsa agli armamenti cessi finalmente, perché inizi già realmente la riduzione degli armamenti, non unilaterale, ma simultanea, di mutuo accordo, con autentiche ed efficaci garanzie" (GS 82,1).

Lottare per la pace significa non solo opporsi alla guerra o prendere una semplice posizione pacifista; senza prendere una posizione integrale che, passando dal mettere in questione il sistema capitalista neoliberale, ci interpelli anche sulla giustificazione della violenza, come se fosse questa l’unica via per affrontare l’ingiustizia. Riflettendo seriamente sulla posizione dello stesso Cristo, che proclamò il suo comandamento nuovo di amare il prossimo come egli ci amò e di amare persino i nostri nemici (Mt 4,38-48; Lc 6,27-35) si conclude che è la nonviolenza attiva, la reale alternativa per costruire una società dove convivano tutti, senza che si debba sacrificare nessuno per conservare la pace e l’ordine.

Gli umili e i semplici sono i più aperti a questo messaggio, poiché essi hanno vissuto nella propria carne la violenza che si esercita attraverso la guerra e l’ingiustizia. La non violenza che ci invita a stare a fianco delle vittime generate da qualsiasi sistema, governo società o comunità. Gesù ci chiama ad essere loro difensori sebbene per fare ciò dobbiamo ripercorrere il suo stesso cammino: quello della croce. La domanda che Dio ci farà alla fine della nostra esistenza sarà: da che parte siamo stati, chi abbiamo difeso, per chi abbiamo optato. Domande che nessuno, nemmeno i potenti, potranno eludere alla fine della loro vita (Mt 25,31-46).

III – Un altro mondo è possibile

Le conseguenze negative del nostro sistema neoliberale, hanno spinto la manifestazione crescente del rifiuto allo stesso. "Il sistema accentua tutti i giorni e tutte le notti il suo carattere genocida, distruggendo le condizioni di vita e di dignità dell’umanità presente e minacciando la sopravvivenza dell’umanità futura". Dentro lo stesso sistema "cresce incessantemente il carattere ecocida, che contamina e distrugge la natura e porta fatalmente verso una catastrofe ambientale. Un’alternativa è urgente perché il sistema non si limita a distruggere la vita, ma soffoca anche le ragioni di vivere, operando come un rullo compressore di valori, culture e spiritualità" (2).

E’ impressionante la sola menzione delle numerose manifestazioni (da Seattle 1999, fino a Cancun 2003) e del crescente numero di partecipanti, che hanno manifestato il proprio rifiuto al sistema dominante, la loro convinzione che un altro mondo è necessario, che un altro tipo di società è possibile ed è urgente. In modo convergente sono andate tessendosi nel nostro Messico, in diversi Stati e nello stesso Chiapas, reti di organismi e associazioni che, con una trasformazione interna, assumono anche il compito di segnalare cammini nuovi. Tutto è già uno strepitoso grido che in mezzo a grande sofferenza, riesce ad avere risonanza negli stesso organismi internazionali.

Si annuncia già una società la cui unità non abbia un carattere monolitico, come impone la globalizzazione; ma dove si comprende ed esercita il diritto ad essere soggetto della propria storia e si accettino le identità specifiche; dove si riconosca l’autonomia delle nazioni e dei popoli originari con la loro unità e la loro diversità. Questa nuova società si caratterizzerebbe mediante l’accettazione della rivendicazione del diritto di autodeterminazione, che significa riscatto dell’identità culturale con i suoi valori e che suppone il recupero della memoria storica; autodeterminazione che esige un modello alternativo al neoliberismo, in cui i protagonisti siano gli stessi popoli; autodeterminazione che chiede l’integrazione e l’uguaglianza della donna.

In questo nuovo modello di unità devono scomparire le disuguaglianze indebite, i più deboli devono essere protetti dagli altri e, come nel corpo, tutti i membri devono procurare il bene comune, animati dallo stesso spirito (Cfr. 1Cor 12,12-31).

"La nostra salvezza è ora più vicina… la notte è avanzata; il giorno è vicino" (Rm 13,11).

4 – Emergenza dei "poveri"

Nell’insieme dei segnali o delle diverse manifestazioni mondiali che stanno realizzando la costruzione di un altro mondo, emerge l’emergenza dei "poveri", dei "popoli indigeni" e dei movimenti sociali. La povertà acutizzata da questo sistema dominante, provoca un processo collettivo di presa di coscienza della globalizzazione dei diritti umani. Mentre in alto si globalizza il potere, in basso si globalizzano i diritti e si articolano i movimenti sociali.

La gente non solo contempla le differenze sociali in cui essa vive, ma anche, ascoltando i messaggi egualitari, alimenta una legittima aspirazione d’incrementare i propri "standard" di vita; per cui la dimensione etica dei diritti economici, sociali e culturali, supera già i limiti di una determinata località, di una nazione o di una regione. Si da così un’irruzione generalizzata dei poveri dentro il processo di globalizzazione con la coscienza chiara che bisogna cambiare questo sistema e che ci sono alternative per cambiarlo.

Si visualizza con speranza la forza globalizzatrice degli esclusi, che non accettano che questo sistema sia quello definitivo, ma che esprimono veementemente che un altro sistema, dove la giustizia e la verità risplendano, è urgente e possibile. Sistema in cui il costitutivo non sia la concentrazione del lucro, ma la distribuzione delle risorse; in cui non sia l'individualismo egoista, ma la dimensione comunitaria ed il rispetto alla dignità umana ciò che sta a capo del valore economico.

I poveri e i popoli indigeni, sono espressione chiara della presa di coscienza dell’identità etnica e culturale opposta alla omogenizzazione, a cui ci conduce la globalizzazione attuale; essi sono gli attori efficacemente presenti nella trasformazione dei vari paesi del continente; essi stanno iniettando dosi di "valore comunitario" ad un sistema infettato da un nocivo individualismo; essi inalberano la bandiera della dignità umana e del diritto individuale e collettivo, negato da questo sistema neoliberale; essi sono il tronco che conserva la speranza della costruzione di una società alternativa, fondata sul riconoscimento e il rispetto della differenza e sono "il resto" che ha una visione che guarda alla diversità come ad un insieme di nuove ricchezze e potenzialità per lo sviluppo umano. Questo non è un sogno irreale e irresponsabile; ma un grido di speranza che racchiude la proposta menzionata e agglutina già il sentire di milioni di uomini, ed è la risposta dei movimenti sociali alla globalizzazione.

Quando Cristo, il Figlio di Dio, si fece uomo e, soprattutto nella sua passione e morte, giunse alla massima espressione della povertà, ci diede la ragione per la quale i poveri meritano un‘attenzione preferenziale, qualunque sia la situazione morale o personale in cui si trovano. Sono i poveri i primi destinatari della missione e la loro evangelizzazione è per eccellenza il segnale e la prova della missione di Gesù (Puebla 1142).

Assume così, ai nostri occhi, valore storico la parola di Gesù: "dei poveri è il Regno dei cieli" (Lc 6,20).

5 – Solidarietà mondiale

Siamo testimoni di una insperata e reciproca solidarietà mondiale. Si è giunti a questo momento da un processo graduale che ha avuto varie tappe. Riunioni, incontri, fori… hanno reso comune l’analisi che evidenzia la relazione di causalità strutturale e dominatrice, con cui il sistema neoliberale vincola il primo mondo con il terzo, negli aspetti economici e politici.

"Ma la nuova solidarietà internazionale si caratterizza per la coscienza della convergenza su scala mondiale delle sofferenze, problemi, rivendicazioni e speranze che caratterizzano l’era della globalizzazione neoliberale. Era in cui si sta trasformando profondamente il senso del conflitto Nord – Sud, dato che si stanno costituendo e rafforzando zone di Sud all’interno del Nord e del Nord all’interno del Sud. La solidarietà internazionale, pertanto non è più ora il sostegno di una causa giusta ma lontana; è una mobilitazione, imposta dai processi di globalizzazione, in una battaglia comune di dimensioni mondiali, contro il neoliberismo, nella quale è in gioco il futuro dell’umanità!" (3). L’avvenimento tragico delle torri gemelle – 11 settembre 2001 – e le decisioni che a partire da quell’evento si sono prese, hanno stimolato la coscienza che "primo", e "terzo mondo" navighino nella stessa barca e che le conseguenze negative di questo sistema chiedano urgentemente a voce alta un cambiamento della società.

Dal terzo mondo si sta offrendo all’umanità una visione alternativa ed un progetto di umanizzazione dell’economia e delle relazioni internazionali, che sono un apporto incalcolabile per le società che credono di avere tutto. Tutto ciò ci fa percepire non solo la vulnerabilità e la caducità del sistema imperante, ma che è già avviata la costruzione di un mondo nuovo nel quale gli emarginati sono i protagonisti e vediamo che coloro che erano considerati gli ultimi, saranno i primi (Lc 13,29ss).

6 – Corresponsabilità politica

Abbiamo visto che in molti modi si è manifestata un’effervescenza della società messicana e che, insperatamente, in un processo intenso degli ultimi due anni numerose organizzazioni sociali e civili hanno deciso di cercare nuove forme di unità e articolazione, motivate inizialmente per la solidarietà con gli avvenimenti del Chiapas e poi stimolate dalla reazione mondiale di rifiuto alla guerra. Così sorge un movimento della società civile contro il sistema neoliberale, che viene sviluppando una febbrile attività di riunioni e di attività coordinate di crescente vigore.

Dall’altra parte non si può nascondere la corresponsabilità politica generalizzata, negli individui, nelle corporazioni, nei settori, negli organismi, nei paesi e nei villaggi, che stanno agendo per reclamare e difendere i propri diritti; così come nella solidarietà con coloro che sono vittime di soprusi, soffrendo essi stessi umiliazioni e violenze. L’apatia generalizzata della popolazione si consumò nel passato. Ora esiste un potenziale di speranza che si va agglutinando, cosciente della propria responsabilità storica.

7 – Una nuova organizzazione sociale in marcia

Avendo evidenziato il divorzio tra popolo e le autorità nelle diverse nazioni, si vede la possibilità reale che i processi elettorali, invece che essere realizzati mediante i partiti politici, lo siano piuttosto attraverso meccanismi civili alternativi. Questo esigerà dalla società civile che continui ad organizzarsi in reti di raggruppamenti civili e gli permetterà una presenza più attiva della rappresentazione partitaria, con la possibilità di un dialogo più reale e costante con le autorità, e non limitato unicamente ai tempi elettorali. Sarà un avanzamento nel processo di democratizzazione, nel quale la corresponsabilità e la partecipazione della comunità si vivranno più profondamente.

Questo processo di cambiamento non lo scrutiamo come se dovesse avvenire in maniera repentina, ma constatiamo come vadano di pari passo i diversi attori nell’insieme del movimento. Vediamo questi avvenimenti con "…la convinzione che lo Spirito del Signore, come artefice della speranza cristiana, va spiegando la sua forza e la sua sapienza nella comunità che discerne e si renda presente nelle iniziative che assumono la persona come valore supremo della creazione" (4).

8 – La Pace con Giustizia e Dignità

Inquadrato nel nuovo contesto mondiale, si compie il decimo anniversario del conflitto armato non risolto che ha inciso sull’evoluzione della nostra patria.

E’ evidente sotto ogni aspetto che, nonostante non si sia risolto il conflitto nelle sue cause, lo sforzo per costruire la Pace con Giustizia e Dignità "nel quale gli attori sono stati molteplici e diversi, è un patrimonio comune di tutta la nazione e ha portato progressi, successi e una nuova coscienza. Senza essere l’unico fattore, il sollevamento del EZLN e la sua posteriore evoluzione politica hanno favorito la coscienza e l’organizzazione di molti popoli indigeni del Messico; hanno facilitato il sorgere di una nuova coscienza nel paese rispetto ai diritti e al significato degli indigeni; hanno animato la crescita e la partecipazione della società civile; hanno sfidato la società politica a cercare nuove strade; hanno inciso in alcuni dei pochi processi nella riforma dello stato; hanno reso più visibile la necessità di trasformazione delle istituzioni e delle relazioni sociali ed economiche; hanno evidenziato le gravi deficienze del sistema politico messicano e il lungo cammino che resta da percorrere per avere una democrazia degna; hanno esigito una risposta responsabile (ancora proposta) alle cause del conflitto da parte dei poteri dello stato; hanno messo in discussione le chiese sulla disponibilità storica nella ricerca della giustizia; hanno posto all’attenzione internazionale il tema dei popoli indigeni nel mondo e la denuncia del sistema neoliberale e delle sue conseguenze.

Ciò nonostante, insistiamo, i progressi del Messico in questo decennio sono patrimonio di tutte le persone e istituzioni che hanno offerto il loro contributo, tanto nel processo della Pace come nelle molteplici lotte politiche e sociali che hanno avuto luogo.

Un avanzamento necessario verso la Pace per il Chiapas e per il Messico richiede la volontà di tutti (manifestata coi fatti) di impartire la giustizia, di sradicare l’impunità, di evitare la violenza, di vivere la congruenza tra i principi e le azioni.

Questo già è presente a livello embrionale, al punto che possiamo dire che "il Regno di Dio è già in mezzo a noi, ma ancora "nel mistero" e in crescita. E’ come un seme impercettibile, come lievito nella massa, come il grano nella zizzania…" (5).

9 – Dialogo interreligioso

I fenomeni migratori, prodotto della globalizzazione e dei conflitti bellici, così come la manifestazione crescente della presa di coscienza dell’identità etnica, stanno rendendo imprescindibile un dialogo interreligioso, al di la del dialogo ecumenico che si realizza tra cristiani.

In effetti: siamo testimoni di come da alcuni anni si viene incrementando lo spostamento della popolazione latinoamericana e caribegna (incluso un numero crescente d’indigeni), maggiormente verso gli Stati Uniti e il Canada, allo stesso modo per situazioni economiche, per tensioni politiche, convulsioni belliche crescono anche le migrazioni dai paesi dell’Est e dell’Africa verso l’Europa.

Al tempo stesso, emergono gli aborigeni come "soggetti" della loro storia, coscienti della propria identità etnica, largamente sconosciuta e calpestata, per recuperare la propria lingua e valori culturali, ciò che è richiesto dalle loro religioni precolombiane, ancora vigenti, e dal cristianesimo, un dialogo che non c’è stato per 500 anni; e, intanto, si cerca d’imporre al mondo una lettura falsa che spieghi il terrorismo come il risultato di una intransigenza religiosa. Tutto ciò rafforza le iniziative di un dialogo tra le religioni, che sta già avvenendo.

"Le questioni che preoccupano le chiese" dei due terzi del mondo "si sono gradualmente trasformate in preoccupazioni di prima importanza per l’agenda teologica di tutto il mondo". Inoltre: da una parte, le situazioni che preoccupano nel "terzo mondo" la teologia della liberazione sono sorte in segmenti depressi della stessa società del primo mondo; mentre, dall’altra, l’incontro delle culture e delle religioni si sta trasformando in un fatto concreto nelle stesse nazioni del primo mondo, ciò fa si che il dibattito teologico sulle altre religioni, si sia convertito in un interesse primario all’interno delle stesse chiese del mondo occidentale. L’emergenza dei poveri e l’opzione per essi interpellano finalmente i membri di tutte le religioni.

Coscienti che dobbiamo riconoscere gli atteggiamenti negativi che abbiamo avuto per quasi venti secoli verso le altre religioni, c’è un enorme cambiamento per il quale stiamo passando negli ultimi anni, riflettendo sulle principali questioni suscitate dal pluralismo religioso, soprattutto sul ruolo positivo delle altre religioni per la salvezza dei loro membri. Che si è già trasformato in oggetto di riflessione teologica sotto l’aspetto della "storia della salvezza". Dobbiamo in fine menzionare le "prassi" recenti inspirate alle posizioni teologiche del Concilio Ecumenico Vaticano II. Dato che i cristiani e i membri delle altre tradizioni religiose partecipano della realtà del Regno di Dio, sono anche destinati a costruirlo insieme, nella storia, fino alla sua pienezza teologica. In questo contesto il dialogo ha una dimensione costitutiva di evangelizzazione che ci porta a riconoscere la forza unificatrice dello Spirito, attiva nella orazione sincera dei membri delle diverse religioni (6).

10 – Le sfide della speranza

Tutti questi segnali ci stanno chiedendo nuovi compiti:

  • Aderire, anzitutto, a ciò che ci domandano questi segnali, perché sono segni del "passaggio di Dio" nella storia, manifestano la sua presenza e ci guidano verso l’avvento del suo Regno.
  • Lavorare instancabilmente per stabilire la giustizia e il diritto su un nuovo ordine mondiale, per consolidare una Pace inalterabile e duratura, e così scongiurare definitivamente il flagello della guerra.
  • Continuare a costruire il nuovo modello dell’unità, nel rispetto delle differenze e dei diritti dei più piccoli, nella società come in seno alle differenti confessioni religiose.
  • Appoggiare i compiti di protezione e conservazione della terra, casa comune ed eredità per le generazioni del secolo appena iniziato.
  • Partecipare, a partire dalla posizione sociale e religiosa che abbiamo, alla costruzione di questo "altro mondo è possibile".
  • Partecipare agli sforzi locali, nazionali e internazionali che vanno per sentieri di luce e speranza rinnovata.
  • Lavorare infaticabilmente per il riconoscimento dei diritti umani.
  • Collaborare con il Padre in questa Nuova Ora di Grazia: nella sua opera sempre creatrice e sempre redentrice, manifestata in questi teneri germogli che promettono frutti buoni e abbondanti…

A Maria Santissima di Guadalupe, Madre nostra e Regina di questo continente, chiediamo che continui ad ascoltare le nostre suppliche, ad asciugare il nostro pianto e ad accompagnarci nella costruzione del tempio della Nuova Società, nella quale gli emarginati hanno riservato un luogo speciale.

+ Samuel Ruiz Garcia
Vescovo Emerito di San Cristóbal de Las Casas, Chiapas

Querétaro, Qro 25 gennaio 2004


Note:

  1. – Giovanni Paolo II, Pastores Gregis, n°1, 16 ottobre 2003
  2. – Giulio Girardi, Resistenza e Alternativa. Edizioni Punto Rosso, pag. 13,§2
  3. – Giulio Girardi, Resistenza e Alternativa. Edizioni Punto Rosso, pag. 200 § 4
  4. – Globalizzazione e Nuova Evangelizzazione in America Latina e nel Caribe.     CELAM 1999 -2003. n° 523
  5. – Globalizzazione e Nuova Evangelizzazione in America Latina e nel Caribe.     CELAM 1999 -2003. n° 207
  6. – Jacques Dupuis, Verso una Teologia Cristiana del Pluralismo Religioso Brescia 2000

(traduzione a cura del SICSAL ITALIA)


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