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                La recente normativa sull'immigrazione ha riaperto il dibattito 
                (se mai fosse stato sospeso) sui diritti da riconoscere agli stranieri 
                presenti nel nostro paese. Beninteso: parlando di stranieri, meglio 
                ancora di "extracomunitari", s'intende comunemente riferirsi 
                ai poveri o perlomeno a quanti si trovano ai livelli inferiori 
                della scala sociale. Per un imprenditore, un calciatore o una 
                showgirl, infatti, nessuno aprirebbe il dibattito sull'opportunità 
                di sospendere i sacrosanti principi sanciti dalla nostra Costituzione, 
                dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo e dalle altre 
                Convenzioni firmate a livello internazionale. Ma trattandosi dei 
                più deboli, dei poveri, degli oppressi... tutto viene messo 
                in discussione e anche il Diritto sembra bisognoso d'essere rifondato. 
                 Già, 
                ma da dove partire? Su cosa si fonda il Diritto? La questione 
                è complicata e implicherebbe una riflessione - sviluppatasi 
                fin dai primordi della filosofia - generalmente chiamata "giusnaturalismo". 
                Poiché però, di questi tempi, sembra essere fuori 
                moda ogni approfondita e pertinente analisi, mentre riesce più 
                convincente la proposta del mero tornaconto personale, potremmo 
                facilmente affrontare la questione da una prospettiva semplicemente 
                giuridica, economica e politica... Nell'ambito però di 
                una considerazione che voglia essere autenticamente cristiana, 
                la cosa si complica (o si semplifica!) perché tra "noi" 
                e gli "stranieri" si pone Dio stesso come "terzo 
                incomodo", come polo magnetico e cornice di ogni decisione. Perché 
                - vedete - al di là di tutte le considerazioni che potremmo 
                fare su tale argomento, alla fine, il monito costantemente ribadito 
                nell'Antico e poi nel Nuovo Testamento e ben sintetizzato dal 
                comandamento espresso in Deuteronomio 24,17: "Non lederai 
                il diritto dello straniero" riporterà inevitabilmente 
                la questione ad una alternativa molto semplice e radicale: decidere 
                se obbedire o disobbedire a Dio stesso.  Il 
                presupposto ovvio è la fede. Non una fede o credenza qualsiasi, 
                ma quella espressa nel Credo che recitiamo tutte le domeniche, 
                durante la Messa: "Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, 
                Creatore del cielo e della terra... ". E' con Dio stesso 
                quindi - riconosciuto come Creatore e come Padre - che siamo chiamati 
                a fare i conti... con quel suo progetto originario, per cui, nell'atto 
                della Creazione, ha destinato, in egual misura, i beni del creato 
                al benessere di tutti i suoi figli.  Ebbene, 
                è sufficiente guardarsi attorno - con un po' di onestà 
                e lucidità - per comprendere come la volontà di 
                Dio venga sempre più disattesa... e per noi sia sempre 
                più problematico dire: "sia fatta la tua volontà, 
                come in cielo così in terra" (Mt 6,10). E' 
                di poche settimane fa l'ultimo scioccante rapporto della FAO, 
                che calcola in 1 miliardo e 20 milioni (1/6 dell'umanità) 
                le persone affamate nel mondo, con un incremento costante di 100 
                milioni all'anno nell'ultimo biennio. Questo significa che circa 
                28 mila persone muoiono ogni giorno di fame e di queste ca. 21 
                mila sono bambini al di sotto dei 5 anni. C'è 
                poi il problema dell'acqua: già oggi 1 miliardo di persone 
                non ha accesso all'acqua potabile, ma si stima che entro 15 anni 
                sarà la metà dell'umanità... con tutto quello 
                che comporterà sul fronte delle malattie e, ancora, della 
                mortalità, soprattutto infantile.  Di 
                conseguenza c'è poco da stupirsi se sempre più persone 
                cercano di spostarsi, alla ricerca di condizioni di vita appena 
                più dignitose o anche soltanto per sopravvivere. Tra sfollati interni e migranti all'estero si calcola che oggigiorno 
                le persone in movimento siano almeno 200 milioni.
 Certo 
                questo può dispiacerci, ma come reprimere quella strisciante 
                obiezione che sembra ormai imporsi - con una forte pretesa di 
                legittimità - anche alle coscienze più sincere: 
                "Ma noi cosa c'entriamo?". "Tocca per forza a noi 
                prendercene cura?".  L'obiezione, 
                di per sé, sarebbe già preoccupante per il semplice 
                fatto che riecheggia (e non poco) la protesta di Caino: "Sono 
                forse io custode di mio fratello?" (Gn 4,9)... e certo, da 
                credenti, non possiamo fingere di non sapere che tutto il racconto 
                biblico successivo, fino alla parabola del buon Samaritano (Lc 
                10,30-37), costituisce una lunga, chiara e inequivocabile risposta, 
                da parte di Dio: "Si, sei proprio tu!".  Ma 
                lo è ancor di più perché tale misconoscimento 
                dell'universale rapporto di fraternità che lega il genere 
                umano e l'ignoranza dei più semplici meccanismi economici 
                e politici che stanno all'origine di tali fenomeni alimentano 
                il diffondersi di sentimenti razzisti anche tra la gente comune, 
                tanto che ormai vengono quotidianamente cavalcati dalla politica, 
                persino nei paesi di più lunga tradizione cristiana e civile. La 
                menzogna più subdola è poi quella che si camuffa 
                di malcelato "buon senso" e solidarietà razionale. 
                Quella che si nasconde cioè dietro ad affermazioni del 
                tipo: "Non possiamo accoglierli tutti; dobbiamo praticare 
                un'accoglienza ragionevole e sostenibile", tacendo il presupposto 
                che questo sarebbe possibile soltanto nella misura in cui anche 
                il nostro sfruttamento delle loro terre e dei loro paesi fosse 
                altrettanto "ragionevole e sostenibile". Perché 
                - vedete - questa logica si basa su un pregiudizio che vizia ogni 
                conclusione: quello che i popoli del Sud del mondo fuggano dalle 
                loro società - ormai economicamente fallite, per incapacità 
                tecnica o corruzione politica - per venire a godere di quanto 
                apparterrebbe soltanto a noi, senza averne diritto. Tacendo peraltro, 
                accuratamente, che ormai da secoli, il benessere dei paesi avanzati 
                cresce grazie allo sfruttamento sistematico e legalizzato di quelle 
                terre. Nemmeno 
                la decolonizzazione politica, infatti, è bastata a interrompere 
                il colonialismo economico, che al contrario si è rigenerato 
                in forme sempre più raffinate (Cfr. l'Enciclica Caritas 
                in veritate, di Benedetto XVI).  Al 
                paradosso, anch'io sottoscrivere la pretesa che gli africani restassero 
                a casa loro, come pure i latinoamericani e gli asiatici... a condizione 
                però che pure noi europei e i nostri amici nordamericani 
                restassimo a casa nostra... Ma, allora, quanto poco tempo sarebbe 
                necessario per vedersi svuotare gli scaffali dei nostri supermercati 
                e crollare definitivamente l'economia mondiale? Fino a quando 
                pensate che l'Europa - e in particolare l'Italia - sarebbero auto-sufficienti, 
                dal punto di vista alimentare? Per 
                non parlare del petrolio e del gas... o di altre nuove forme d'energia, 
                come il Biodisel, per produrre le quali si stanno convertendo 
                milioni d'ettari di terreno - nei vari sud del mondo - affinché 
                producano sempre più mais: non per la fame dei popoli, 
                ma per alimentare le nostre automobili! Senza 
                dimenticare quegli ingenti progetti, come le dighe idroelettriche 
                e le miniere a cielo aperto, che sradicano quotidianamente dai 
                loro villaggi milioni di persone, obbligando a migrare anche quanti 
                non vorrebbero farlo... Infine 
                - tanto per ricordare un piccolo oggetto, che quasi tutti abbiamo 
                in tasca - non dimentichiamo le guerre provocate dalla corsa all'approvvigionamento 
                del Coltan, necessario alla tecnologia dei cellulari. L'elenco 
                sarebbe lungo e perciò inadeguato ad un semplice articolo. 
                E' però importante sapere che queste (vere e proprie) forme 
                di rapina non sono compiute da predoni senza scrupoli, ma rappresentano 
                operazioni assolutamente "legali", regolate da Trattati 
                internazionali (spesso detti di "Libero Commercio"), 
                stipulati dagli Stati, che evidentemente non trattano alla pari. Un'ultima 
                menzione merita il cosiddetto "debito estero", che - 
                in verità - non fu generato da un vero "debito" 
                ma da quasi un decennio di speculazioni (1973-80). Ebbene, ricordate 
                l'Anno Santo del Grande Giubileo? "Passata la festa, gabbato 
                lo santo"... Peccato poi che in questo caso si trattasse 
                del Santissimo! Nonostante tante promesse, infatti, gli Stati 
                non hanno fatto un bel niente... e anche l'Italia, dopo aver ritardato 
                il condono fino al 2003, l'ha poi rinviato a data da destinarsi. Capite 
                allora che, in tale situazione, nessuna persona sufficientemente 
                lucida può pensare che anche il più mansueto tra 
                gli uomini possa arrendersi all'idea di vedere i propri figli 
                soffrire la fame o ogni altro genere d'infermità, standosene 
                con le mani in mano. A 
                milioni di persone resta così soltanto l'alternativa radicale 
                fra la prospettiva della migrazione e quella della violenza. La 
                prima è certamente più pacifica e quindi auspicabile; 
                ma anch'essa viene sempre più percepita come una sorta 
                di violazione di domicilio, perché la logica delle frontiere 
                sta impregnando così profondamente la coscienza di tutti 
                - cristiani compresi - da essere ormai considerate un fattore 
                naturale.  Da 
                credenti però dovremmo ricordare che, secondo la Genesi 
                (cap. 2), Dio creò un unico giardino, senza steccati né 
                recinti, perché fosse condiviso dall'intera umanità, 
                concepita come un'unica grande famiglia. Al contrario, ancora 
                secondo la Genesi (cap. 11) le frontiere nacquero come conseguenza 
                del peccato di Babele e quindi come violazione del progetto divino. 
                Certo, il linguaggio biblico è evidentemente simbolico, 
                ma se non vogliamo ridurre la Parola di Dio alla stregua d'una 
                bella fiaba, adatta soltanto ai bambini, qualche conseguenza dovremo 
                pur trarla!
 Quanto invece alla possibilità della violenza, è 
                purtroppo quella auspicata da molti "contabili della morte", 
                perché la produzione e il commercio delle armi figurano 
                tra le voci principali nei PIL dei paesi più sviluppati.
 Soltanto 
                lo scorso anno, infatti, gli Stati hanno speso ca. 1500 miliardi 
                di dollari in armi, con un incremento del 45% nell'arco degli 
                ultimi 10 anni. 1500 miliardi in un anno! Mentre, secondo l'Organizzazione 
                Mondiale della Sanità, ne servirebbero appena 13 per garantire 
                cibo e salute alle popolazioni più povere del mondo: 13 
                miliardi che i cosiddetti "Grandi" non riescono però 
                a trovare! Riassumendo 
                per capitoli, quindi, le voci più critiche nel vocabolario 
                dei Diritti sono appunto la Fame, la Sete, i Bisogni primari, 
                lo status di Straniero, il diritto alla Salute e l'essere Prigionieri 
                (anche "solo" della violenza). Se ci pensate, sono esattamente 
                le 5 cose su cui - secondo Gesù, nella parabola di Mt 25 
                - saremo chiamati in giudizio, nel giorno del Figlio dell'Uomo! Capite 
                bene allora perché - pur non mancando ragioni validissime 
                per rivendicare il rispetto dei Diritti di tutti e degli stranieri 
                in particolare, anche solo da un punto di vista civico, economico 
                e politico... - da cristiani abbiamo un motivo ben più 
                costringente: non è soltanto questione di giustizia, ma 
                di fede. O meglio: proprio perché riguarda la giustizia 
                e la carità, ne va della fede! Certo, 
                a volte più che di vero egoismo si tratta forse di paura. 
                 Non 
                è difficile, infatti, ascoltare frasi del tipo: "La 
                gente, in fondo, non è cattiva; parla così perché 
                ha paura". Ma nemmeno in questo caso possiamo dimenticare 
                il rimprovero di Gesù a Pietro, impaurito perché 
                sul punto di affondare: "Uomo di poca fede, perché 
                hai dubitato?" (Mt 14,31). E ai discepoli, terrorizzati dalla 
                tempesta sul mare: "Dov'è la vostra fede?" (Lc 
                8,25). Dov'è 
                la nostra fede? Ecco il punto cruciale! Perché non soltanto 
                sarà in forza di essa che sapremo obbedire al comando di 
                Dio: "Non lederai il diritto dello straniero", ma sarà 
                anche la sola a poterci liberare da tutte le nostre paure. Alberto 
                Vitali 
                 
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