| L'amore 
                per le realtà eterne è un giogo soave Quale 
                grave sacrificio impone la vita eterna ai suoi amanti, quando 
                esige di essere amata allo stesso modo che questa nostra vita 
                è amata dai suoi innamorati? È forse cosa degna o almeno tollerabile 
                che, mentre si trascurano tutte le cose che si amano nel mondo 
                per poter conservare la vita destinata dopo un breve spazio a 
                finire, per conservarla - dico - almeno per quel breve spazio 
                nel mondo, non si disprezzi egualmente il mondo, per conseguire 
                la vita che è senza fine presso colui dal quale fu creato il mondo? 
                Or non è molto, quando Roma medesima, sede della potenza più famosa 
                del mondo, era devastata dall'invasione dei barbari [i visigoti 
                condotti da Alarico, nell'anno 410], quante persone innamorate 
                di questa vita temporale, pur di prolungarla nell'infelicità e 
                riscattarla nella miseria, donarono tutti i beni che avevano in 
                serbo non solo per renderla piacevole e bella, ma per sostentarla 
                e proteggerla? Certo gli innamorati sono soliti recare molti doni 
                alle donne che amano, per possederle; costoro invece non possederebbero 
                la loro amata, se amandola non l'avessero resa povera, né le farebbero 
                molti doni, ma piuttosto la spoglierebbero di tutto, per non farsela 
                portare via dal nemico. Ma io non voglio biasimare la loro perspicacia: 
                chi ignora infatti che essa sarebbe perita se non fossero stati 
                distrutti quei beni già messi in serbo per lei? Con tutto ciò, 
                alcuni hanno perso prima questi tesori e subito dopo l'amata; 
                altri, pur disposti a perdere ogni bene per amore di lei, l'hanno 
                persa prima. Da questi esempi dobbiamo trarre monito per ricordarci 
                quali ardenti innamorati dobbiamo essere della vita eterna, sì 
                da disprezzare, per amore di essa, ogni cosa superflua, dal momento 
                che per questa vita transitoria furono disprezzati perfino i beni 
                ad essa indispensabili. Noi invece non spogliamo, come fanno quelli, 
                la nostra amata per conservarla, ma, per ottenere la vita eterna, 
                facciamo servire la vita temporale come un'ancella più libera 
                da impedimenti, se non la teniamo legata con vincoli di ornamenti 
                inutili e non l'appesantiamo con fardelli di pensieri dannosi, 
                ma porgiamo ascolto al Signore, che ci promette nel modo più veridico 
                la vita eterna degna d'essere desiderata con ardentissimo amore 
                e che ci grida come in un'assemblea di tutto il mondo: Venite 
                da me, voi tutti che siete affaticati e stanchi e io vi ristorerò. 
                Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché sono 
                mite e umile di cuore, e troverete pace per le anime vostre; poiché 
                il mio giogo è soave e il mio carico è leggero (Mt 11,28-30). 
                Questa lezione di santa umiltà scaccia dall'animo la vana e torbida 
                cupidigia, avida di beni non sottoposti al nostro potere, e in 
                qualche modo la fa esalare. Ci si affanna infatti quando si ricercano 
                e amano molti beni, per il cui acquisto e possesso non è sufficiente 
                la volontà, poiché non ha il potere necessario a raggiungerli. 
                La vita giusta, invece, noi l'abbiamo quando la vogliamo, giacché 
                il volerla pienamente è già la giustizia, e la giustizia, per 
                essere perfetta, non richiede altro che una perfetta volontà. 
                Guarda se c'è fatica, dove è sufficiente il volere. Ecco perché 
                divinamente fu detto: Pace in terra agli uomini di buona volontà 
                (Lc 2,14). Dov'è pace, ivi è tranquillità, ivi è il termine di 
                ogni desiderio e non c'è alcun motivo di penare. Ma a far sì che 
                questa volontà sia piena, occorre che sia sana; sarà sana poi 
                se non respingerà il medico per grazia del quale soltanto può 
                esser risanata dal male di desideri nocivi. Orbene, il medico 
                è proprio colui che ad alta voce proclama: Venite da me voi tutti 
                che siete affaticati, e dice che il suo giogo è dolce e lieve 
                il suo peso, poiché quando per mezzo dello Spirito Santo sarà 
                stata diffusa la carità nei nostri cuori (cf. Rm 5,5), si amerà 
                certo ciò che ci verrà comandato; il giogo di Cristo non sarà 
                duro né gravoso, se sotto questo unico giogo quanto meno superbamente 
                tanto più liberamente serviremo Dio. Questo è l'unico fardello 
                da cui il portatore non è aggravato, ma alleviato. Se si ama la 
                ricchezza, venga custodita là dove non può perire; se si ama l'onore, 
                lo si riponga là dove non è onorato se non chi lo merita; se si 
                ama la salute, si aspiri a conseguirla là dove per essa non si 
                teme più quando si sia ottenuta; se si ama la vita, la si acquisti 
                là dove non è troncata da nessuna morte.  Agostino, 
                Le Lettere, II, 127,4-5 (ad Armentario e Paolina) |